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Term Sheet, significato e utilizzo ottimale per le Startup

26/01/2024 09:39

Stefano Narducci

Startup,

Term Sheet, significato e utilizzo ottimale per le Startup

Cosa è ed a cosa serve il Term Sheet. Come negoziare al meglio le condizioni proposte dagli investitori.

Il termine "Term Sheet" è molto utilizzato nel mondo startup, soprattutto in materia di investimenti. Ma cosa significa esattamente term sheet e perché è così importante per le startup? 

 

In questa mini-guida esploreremo la definizione di Term Sheet e le sue principali clausole, evidenziando anche quelle più insidiose. Inoltre, ti darò alcuni consigli su come negoziare efficacemente il Term Sheet con gli investitori. 

Ma procediamo con ordine.

Definizione di Term Sheet: cos'è e a cosa serve

Il Term Sheet è un documento che sintetizza i punti essenziali di una trattativa in corso tra una startup e i suoi potenziali investitori, che dovranno poi essere riversati all’interno della documentazione contrattuale successiva e, principalmente, nell’accordo di investimento. In sostanza esso definisce, in maniera sintetica e riepilogativa, i termini e le condizioni dell’investimento proposto alla startup. 

Il Term Sheet, per significato e natura, non ha valore legale vincolante per nessuna delle parti che lo sottoscrivono, ma rappresenta un punto di partenza per una efficace e rapida negoziazione dell’accordo di investimento. Il suo obiettivo principale è quello di fornire una base comune di discussione tra le parti coinvolte, evitando possibili fraintendimenti e conflitti futuri. 

In genere, nel Term Sheet vi sono informazioni concernenti la valutazione pre-money della startup, l’ammontare dell’investimento, il ruolo degli investitori nella governance societaria, le clausole tag along e drag along, la liquidation preference in favore dell’investitore ed eventuali situazioni imputabili ai founder della startup, con le necessarie conseguenze in termini di responsabilità.

Una volta sottoscritto il Term Sheet, si passa alla fase immediatamente successiva di due diligence che, in caso di esito positivo, aprirà le porte alla negoziazione dell’accordo di investimento.

Perché il Term Sheet ha un significato così importante per una startup

Il Term Sheet è un documento di estrema importanza per le startup, in quanto rappresenta il primo passo decisivo verso la conclusione di una trattativa con gli investitori. 

Esso segna una importante linea di confine tra un interesse generico da parte di potenziali investitori ed un interesse qualificato degli stessi. 

Infatti, pur non vincolandoli alla stipula dell’accordo definitivo e di conseguenza all’investimento, rappresenta un punto di partenza rilevante per una trattativa finalizzata ad apportare capitali esterni ad una startup. 

Come abbiamo già visto contiene le principali condizioni dell’investimento e può anche prevedere alcune altre clausole importanti, come il diritto di veto su alcune materie di competenza assembleare e la possibilità di nominare un membro del consiglio di amministrazione. 

Con il Term Sheet, la startup può avere una visione chiara dei termini dell’investimento e valutare se essi sono compatibili con gli obiettivi di medio-lungo termine della stessa. 

Le principali clausole del Term Sheet

Tra le principali clausole del Term Sheet vi sono quelle che definiscono il tipo di investimento che verrà effettuato, come ad esempio la percentuale di partecipazione dell’investitore nella startup e l’ammontare del capitale che verrà investito. Nel caso di investimenti c.d. pre-seedseed, oppure laddove l’investitore rappresenti un fondo collegato ad un incubatore/acceleratore, non è raro che si riservi uno sconto sulla valutazione pre-money della società (ad es. 10-20%), una sorta di “premio” riconosciutogli a fronte del rischio assunto come primo investitore.

Tra le clausole più importanti e standard dei Term Sheet val la pena richiamare le c.d. tag along (diritto di covendita) e drag along (diritto di trascinamento). Sono due clausole che si incontrano sempre sia nei Term Sheet, sia nei successivi Accordo di Investimento e nello Statuto societario (revisionato dai legali delle parti), che servono a tutelare gli investitori in quanto soci di minoranza.

In sostanza, con la clausola tag along, nel caso in cui l’investitore riceva un’offerta da parte di un terzo per la vendita parziale o totale della sua quota di partecipazione nella startup, gli altri soci avranno diritto di vendere anch’essi la propria quota (in tutto o in parte, a seconda dell’operazione), alle stesse condizioni proposte all’investitore.

La clausola drag along, invece, è quella con cui l’investitore si riserva il diritto di vendere anche le quote degli altri soci laddove ottenga un’offerta di acquisto avente ad oggetto una quota di maggioranza del capitale sociale, potendo con essa obbligare gli altri soci a vendere le loro quote al terzo interessato.

Non è raro incontrare nel Term Sheet anche la clausola di “anti diluizione”, che serve ad evitare che l’investitore, a fronte di una successiva valutazione più bassa della startup rispetto a quella relativa al suo ingresso, possa subirne gli effetti negativi, con soggetti esterni capaci di diventare soci a condizioni più favorevoli rispetto a quelle che a suo tempo aveva concordato con la startup. 

È evidente quanto la materia sia complessa e tecnica, richiedendo una conoscenza quantomeno sommaria da parte dei founder della startup, per comprendere il significato del Term Sheet e i suoi rischi. 

Resta opportuna e consigliato farsi assistere da un avvocato esperto in materia, che abbia già condotto negoziazioni di successo e che sappia rapportarsi al meglio con gli investitori e il loro team legale.

Le clausole più insidiose in un Term Sheet

Le clausole più insidiose in un Term Sheet sono di sicuro quelle che possono avere un impatto significativo sul futuro della startup e dei suoi founder. Ne abbiamo già citate alcune, ma è opportuno soffermarsi sulla portata di esse per meglio coglierne le insidie nascoste. 

Innanzitutto, occorre prestare attenzione alla c.d. “liquidation preference”, che dà diritto agli investitori di ottenere il rientro dal loro investimento - prima degli altri soci - in caso di vendita, nuovi investimenti più consistenti del proprio oppure in qualsiasi altro evento di liquidazione tra quelli indicati nella documentazione contrattuale e nello statuto societario.

Questo aspetto può essere dannoso per i founders, poiché significa che potrebbero ricevere meno soldi rispetto a quelli destinati agli investitori. 

Il consiglio, se non se ne può fare a meno di inserirla, è negoziare una liquidation preference non partecipating, che consiste nel riconoscere agli investitori il diritto di scegliere tra l’opzione di ricevere indietro l’investimento originario più l’eventuale surplus dovuto ad un multiplo maggiore di 1x, oppure semplicemente ricevere un pagamento proporzionale alla percentuale posseduta nella società.

Tra le insidie, però, ve ne sono altre, meno evidenti e più subdole, che tendono a dare una parziale efficacia obbligatoria al Term Sheet - o comunque a parte di esso - fin dalla sua sottoscrizione.

Mi riferisco alle clausole presenti nel documento a cui si attribuisce fin da subito efficacia vincolante, vale dire confidenzialità e riservatezza delle informazioni, esclusivitàcosti in caso di mancata finalizzazione dell’operazione di investimento.

Nulla da aggiungere sulla prima, che è piuttosto ovvia, visto che la startup per prima vorrà evitare che documenti ed informazioni scambiate possano essere condivisi o in qualche modo rese pubbliche. 

La clausola di esclusività, invece, già si mostra maggiormente insidiosa, dato che obbliga la startup a non interloquire con ulteriori investitori durante il periodo temporale indicato nel Term Sheet, nonché durante le negoziazioni che dovrebbero portare alla firma dell’accordo di investimento (signing). In questo caso meglio prevedere termini non troppo lunghi, per non rischiare di perdere interessanti occasioni. Lo standard si attesta sui 60 giorni dalla sottoscrizione del Term Sheet.

Ma tra tutte, la clausola più insidiosa è a mio avviso quella che prevede, nel caso di mancata finalizzazione dell’operazione di investimento a causa dei founders, che questi ultimi debbano rimborsare agli investitori, in tutto o in parte, i costi sostenuti per la due diligence. Parliamo di cifre che possono raggiungere importi rilevanti, spesso superiori ai 20.000,00 euro. 

Fermo restando che la formulazione della clausola in questione può fare la differenza anche nel caso in cui si accetti di sottoscriverla - motivo per il quale farsi assistere da un legale esperto è fondamentale - risulta evidente la sua pericolosità per la startup. 

Infatti, essa potrebbe essere chiamata a decidere se assumere il rischio di dover eventualmente pagare questi importi agli investitori - al verificarsi delle condizioni pattuite - oppure stipulare l’accordo di investimento (accettando così termini e condizioni non del tutto accettabili) pur di scongiurare detto rischio. 

Appare piuttosto evidente come clausole del genere tendano a trasformare un documento, che dovrebbe essere riepilogativo di una prima trattativa, in una sorta di “velato” preliminare, facendo sì che la vincolatività - solo per la startup, va precisato - derivi più che dalla natura del Term Sheet, dalla formulazione di alcune delle clausole presenti in esso, con cui si fa leva sulla minore forza contrattuale dei giovani innovatori. 

È importante, pertanto, esaminare attentamente tutte queste clausole prima di firmare il Term Sheet e cercare di negoziarle al meglio con gli investitori, per proteggere gli interessi della startup e dei soci fondatori. 

Come negoziare efficacemente il Term Sheet con gli investitori

Come abbiamo già visto, la negoziazione è parte fondamentale del processo di investimento. La maggior parte degli investitori la inizierà chiedendo una quota di partecipazione maggiore o clausole più favorevoli. 

Per evitare di essere presi alla sprovvista è importante avere un'idea chiara degli obiettivi e delle priorità della startup. 

Prima di sedersi al tavolo delle trattative, si dovrebbero fare ricerche sugli investitori, sulle tipologie di deal da loro conclusi e sulle condizioni di mercato, per avere una migliore comprensione del valore della propria startup e dei margini di trattativa. 

Durante la negoziazione è importante rimanere flessibili e aperti alle proposte degli investitori, ma anche avere il coraggio di difendere le proprie priorità e i propri principi. 

Si dovrebbe inoltre tenere a mente che il Term Sheet, nel suo significato più autentico, rappresenta solo il punto di partenza delle negoziazioni, e che quindi è ancora possibile apportare modifiche e negoziare le clausole contrattuali durante la fase successiva alla due diligence, quando si passerà alla discussione dell’accordo di investimento. 

Senza però dimenticare che il Term Sheet può contenere una serie di clausole, come quelle analizzate, che tendono a limitare la capacità negoziale della startup nelle fasi successive. 

Negoziare efficacemente il Term Sheet richiede quindi una preparazione adeguata, una buona dose di flessibilità e professionisti preparati al fianco della startup. 

Dalle clausole standard a quelle più insidiose, il Term Sheet resta uno strumento fondamentale per le startup che cercano finanziamenti. Tuttavia, nonostante la sua importanza, spesso viene sottovalutato il suo significato o affrontato in modo superficiale. Ciò può portare a conseguenze negative, anche in termini di perdite di tempo e di chanches, che possono rivelarsi deleterie per il futuro della startup. 

 

Hai bisogno di capire come evitare errori e negoziare al meglio con gli investitori? Contattami per una consulenza personalizzata.

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